Nella cultura giapponese, la natura occupa un posto importante. La tradizione giapponese conta anche moltissimi spiriti della foresta.
Non sorprende quindi che sia nata in Giappone, negli anni ‘80, la pratica di immergersi nella natura della foresta, chiamata shinrin-yoku, che diventerà poi la silvoterapia (1).
Parola formata da silva, che significa foresta in latino, e terapia, che designa un insieme di pratiche destinate a curare, il termine è trasparente nel suo significato: una passeggiata nella foresta permetterebbe di curare numerosi mali.
È interessante notare che questa pratica è stata sviluppata dai medici in risposta a una richiesta del governo giapponese, che stava cercando un modo naturale per trattare il sovraccarico di lavoro e lo stress eccessivo che affliggeva la popolazione.
Da diversi anni, in effetti, numerosi studi valutano gli effetti positivi e i benefici delle passeggiate nella foresta sulla salute umana. Ne consegue che la silvoterapia (2):
Se i meccanismi sono più di ordine psicologico che biologico, sembra tuttavia che immergersi nella natura esponga l’organismo ai terpeni prodotti dagli alberi. Una volta inalati, questi terpeni favorirebbero la produzione di serotonina e dopamina, gli ormoni della felicità (3).
Esistono diversi modi per praticare la silvoterapia. Tuttavia, tutti si basano su uno stesso principio fondamentale, ossia distogliere l’attenzione per aprirsi completamente all’ambiente circostante e immergersi nella natura (4).
Di per sé, la silvoterapia non rappresenta un rischio concreto. Tuttavia, è necessario prestare attenzione quando si abbraccia un tronco d’albero (5).
Per godere dei benefici della silvoterapia senza correre rischi, è anche possibile praticare semplicemente lo shinrin-yoku giapponese, ossia il “bagno nella foresta”.
In questo caso, il principio è semplicemente quello di camminare per almeno 90 minuti a settimana in un bosco, una foresta o un parco alberato.
Questa pratica semplice e accessibile aiuta a rafforzare il sistema immunitario, ridurre lo stress, favorire le relazioni sociali, ecc.
Se hai dei bambini piccoli o degli animali domestici, probabilmente saranno felici di trascorrere il pomeriggio con te sui sentieri.
Oltre ai benefici comprovati del “bagno nella foresta” e della silvoterapia, le foreste prodighe racchiudono dei rimedi preziosi nel cuore stesso degli alberi. Questi possono trovarsi nel tronco, nella linfa, nei frutti, nel fogliame...
Non dimentichiamo, ad esempio, che l’aspirina è stata scoperta e sviluppata grazie alle foglie di salice, da cui il nome di acido acetilsalicilico!
Molti alberi e piante boschive contengono infatti, come il salice, delle sostanze attive che costituiscono ottimi rimedi naturali per molti mali.
Il legno di quercia contiene molti composti flavonici come l’acido gallico (un tannino), l’acido ellagico (un polifenolo antiossidante) e, in particolare, la roburina.
È soprattutto quest’ultimo composto che spiegherebbe i presunti benefici della quercia nel ridurre l’affaticamento (supportati da uno studio (6)). Può quindi essere utile assumere un integratore alimentare di roburina per combattere la stanchezza (come Robuvit®, un integratore brevettato).
Sebbene il suo frutto sia tossico, l’ippocastano d’India contiene una miscela di saponine: l’escina. Alcuni studi ne hanno dimostrato le proprietà antiedematose, antinfiammatorie e venotoniche (7).
Ecco perché gli integratori a base di ippocastano (come Hemo Comfort, standardizzato al 20% di escina) sono spesso raccomandati alle persone che soffrono di emorroidi.
La Patagonia cilena nasconde anche un piccolo tesoro sconosciuto: le bacche di Maqui (Aristotelia chinensis). Tradizionalmente utilizzate dagli indiani Mapuche, le bacche di Maqui sono particolarmente ricche di antociani (tra cui la delfinidina, presente anche in minor quantità nel frutto della passione e nella melagrana).
Per godere dei benefici di questi antociani, molte persone optano per degli integratori alimentari come Wild Maqui Berry (standardizzato al 35% di antociani e al 28% di delfinidina) (8).
Sebbene sia risaputo che, relativamente alla famiglia degli eucalipti, si sfrutta l’olio essenziale dell’albero per la salute respiratoria (soprattutto per inalazione), è in genere meno noto che gli aborigeni australiani utilizzavano anche l’Eucalyptus globulus per trattare i reumatismi.
Questo è il motivo per cui l’olio essenziale si trova spesso in creme e altri trattamenti da applicare sulle articolazioni (come nel caso di SmartJoints Cream, in sinergia con la pianta ayurvedica Boswellia serrata, olio di cocco, vitamina E e glucosamina).
Gli alberi, la loro corteccia o le loro radici, costituiscono inoltre l’habitat privilegiato di tesori naturali i cui numerosi benefici sono particolarmente studiati da alcuni anni: i funghi.
Shiitake, chaga, reishi, maitake, cordyceps, poliporo, agarico sono diventati le star dei nostri armadietti dei medicinali. E per una buona ragione: ricchi di polisaccaridi (fibre non digeribili), alcuni funghi supportano il microbiota intestinale e il sistema immunitario. Ecco perché a volte sono presenti in formule sinergiche (come Organic MycoComplex, standardizzato al 30% di polisaccaridi per massimizzare i benefici dell’integratore) (9).
Ogni naturopata te lo dirà: la foresta amazzonica è una riserva straordinaria di specie rare e ricche, disseminata di piante medicinali utilizzate da millenni dalle popolazioni indigene.
Artiglio di gatto (una liana con proprietà immunostimolanti), radice di suma (il “ginseng brasiliano”, con proprietà adattogene e noto per dare energia ai guerrieri), corteccia di Lapacho, guanabano e infine Physallis angulata: tutte queste piante equatoriali sono particolarmente apprezzate (e si possono trovare in sinergia nell’integratore Wild Amazonian Formula).
Bibliografia
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